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martedì 22 maggio 2012

Articoli: Istat disoccupazione

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Istat: Sud, donne e giovani alla deriva. In Italia la crisi non è uguale per tutti

Il rapporto dell'Istituto segnala che nel nostro Paese l'ascensore sociale si è bloccato dagli anni Sessanta. Intanto l'Ocse annuncia che raggiungeremo il pareggio di bilancio nel 2014

Grandi disuguaglianze crescono. L’ascensore sociale è bloccato dagli anni Sessanta. In Italia soltanto il 20,3% dei figli degli operai è arrivato all’università, contro il 61,9% dei figli delle classi agiate, nella generazione degli anni ’80. E se il concetto non fosse chiaro, un altro dato, forse ancora più grave: il 30% della prole operaia abbandona le scuole superiori contro il 6,7% dei figli di dirigenti, imprenditori, liberi professionisti. In Italia le classi sociali esistono ancora. E la selezione comincia dai banchi di scuola. Lo sostiene il Rapporto Annuale Istat.
IL FISCO NON AIUTA… -  Secondo l’Istituto di statistica, il fisco dovrebbe avere un effetto redistributivo. Così non è. Vero è che le detrazioni Irpef pari a 1.230 euro in media per i contribuenti a basso reddito si riducono a 720 euro per chi ha un reddito tra i 28.000 e i 55.000 euro, per poi annullarsi; vero è che le detrazioni per i familiari a carico avvantaggiano i redditi più bassi.  Ma non basta. Perché “gli abbattimenti e le deduzioni dell’imponibile, invece, favoriscono particolarmente le famiglie ad alto reddito e riducono la progressitività”: sono massime (circa 5.700 euro) per i contribuenti che dichiarano più di 75.000 euro e minime (880 euro) per chi dichiara meno di 15.000 euro. Per gli incapienti (coloro che non arrivano al reddito minimo tassabile) non è previsto alcun beneficio. E come se non bastasse, le detrazioni favoriscono le famiglie con due o più percettori di reddito, contro quelle in cui a lavorare è solo uno.
I PAESI SCANDINAVI - Nei Paesi scandinavi le coppie in cui la donna non percepisce un reddito da lavoro sono meno del 4%, in Francia il 10,9%, in Spagna il 22,8%, nella Ue27 il 19,8%. In Italia il 33,7% delle donne tra i 25 e i 54 anni non ha alcun reddito. Siamo ultimi nella classifica europea. ”Nelle coppie in cui la donna non lavora (30% del totale) è più alta la frequenza dei casi in cui lei non ha accesso al conto corrente (47,1% contro il 28,6% degli uomini); non è libera di spendere per sé stessa (28,3%), non condivide le decisioni importanti con il partner (circa il 20%); non è titolare dell’abitazione di proprietà”. Inoltre le moglie separate o divorziate sono più esposte al rischio di povertà rispetto ai mariti nella stessa situazione: 24% contro 15,3%.
IL PESO DELLA FLESSIBILITA’ - La percentuale degli occupati atipici (dipendenti a tempo determinato, collaboratori o prestatori d’opera occasionali) sul totale degli occupati è in aumento. È entrato nel mondo del lavoro da atipico il 31,1% dei nati negli anni ’70, il 44,6% dei nati dagli anni ’80 in poi. È non sempre poi si accede a un’occupazione stabile. Incide sempre la classe sociale di provenienza: “Il passaggio a lavori standard è più facile per gli appartenenti alla classe sociale più alta, mentre chi ha iniziato come operaio in un lavoro atipico, dopo dieci anni, nel 29,7% dei casi è ancora precario e nell’11,6% ha perso il lavoro”.
IL POLLO DI TRILUSSA - Nel Mezzogiorno l’Istat rileva la tragica carenza dei servizi sociali. Nel 2010 il Servizio sanitario nazionale ha speso 1833 euro pro capite. Ma è come il pollo di Trilussa, i numeri vanno interpretati. Il range oscilla dai 2.191 euro della provincia di Bolzano ai 1.690 della Sicilia. Le strutture residenziali per anziani offrono in media 37 posti letto ogni 1000 anziani residenti nel Nord, e appena 10 al Sud. I livelli più alti di soddisfazione per i servizi ospedalieri si riscontrano in Piemonte, Valle d’Aosta, Trento, Veneto, Emilia Romagna e Toscana, i più bassi in Campania e Sicilia. La spesa sociale nel 2009 in seguito alla crisi è diminuita dell’1,5% nel Mezzogiorno, ma è aumentata del 6% nel Nord-Est, del 4,2% nel Nord-Ovest e del 5% al Centro. Per i servizi sociali i comuni calabresi spendono 26 euro a persona, quelli della Provincia Autonoma di Trento 280 euro. Per i disabili i comuni del Sud spendono otto volte meno di quelli del Nord. I nidi pubblici sono presenti nel 78% dei Comuni del Nord-Est ma nel 21% di quelli del Sud.
MAGRA CONSOLAZIONE – In questo fosco quadro, suona come una magra consolazione l’ultima previsione dell’Ocse, che annuncia: il deficit di bilancio dell’Italia si ridurrà all’1,7 per cento del Pil quest’anno e allo 0,6 per cento nel 2013. Siamo «in carreggiata» per «eliminare» il deficit nel 2014. «Dalla fine del 2011, l’Italia ha intrapreso importanti riforme strutturali, progredendo sulla via del risanamento delle finanze pubbliche», si legge nel rapporto. Si tratta di capire quale sia il costo sociale di questo “successo”.
Massimo Laganà www.oggi.it

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