6. Piccole meraviglie d’Italia
Ho incontrato delle persone che parlavano dello sviluppo turistico della loro re gione.
Pro gettavano di costruire porti, alberghi, abitazioni, centri commer ciali. “Ma cosa vo -
l e te fare della vostra terra?”, ho domandato loro. “Se co strui rete queste cose di strug -
ge rete quel poco di natura, di pinete che ancora vi resta.” A poco a poco si estenderà
dovunque un’immensa città monotona, brutta. Una città di pen sionati, senza imprese,
senza giovani, senza vita. Come è già ac caduto sulla co sta spa gnola, o su quella fran -
cese.
L’Italia è un paese piccolo, bellissimo, con tremila anni di storia, dove ogni luogo,
ogni pietra sono carichi di simboli e di ricordi. Ogni singola regione è un microco -
smo. La Lombardia ha i colossi innevati e la pianura nebbiosa. La Toscana monta gne
di mar mo e coste coperte di pini. La Sicilia le rocce nere di Catania e quelle mie le di
Pa lermo. E su questo territorio variegato so no cresciute, nell’arco dei mil len ni, le ci -
vil tà greca, etrusca, romana, bi zan tina, medioevale, rinascimentale, ba roc ca, mo der -
na, città Stato e imperi. Una bellezza in miniatura, vulnerabile dal tu ri smo di massa.
Che, perfino quando non costruisce niente, ne altera comunque lo spi rito. Pensiamo a
Ve nezia, l’orgogliosa capitale di un impero i cui palazzi, sul Ca nal Grande, era no le
dimore delle potenti famiglie patrizie, le cui navi hanno domi nato il Me diterraneo e
combattuto, in cento battaglie, i turchi. Oggi quegli stessi pa lazzi sono alberghi e
quel lo del doge un elegante contenitore per mostre e con vegni. Chi arriva incontra
folle di turisti anonimi che mangiano, scattano fotografie e com pe rano souvenir. Se
vuol evocare il passato, se vuol vedere l’antica Venezia, deve ap partarsi, cercare la so -
litudine. Noi andiamo sulle spiag ge tropicali per trovare il so le, il mare, l’eccitante
pesca del barracuda. Non ci interessano i dettagli delle chie s e, le forme delle case,
l’armonia di un giardino. Ma cosa vede un turista a Luc ca, a Roma, a Caserta se non
è ca pa ce di percepire il valore simbolico delle forme?
Per sviluppare turisticamente il nostro Paese, le strade, gli alberghi, i giardini do vreb -
bero amplificare questa percezione di armonia. O, perlomeno, non disturbarla. E vi tan -
do tutto ciò che è violento, volgare, moderno, chiassoso. Come i grandi con do mi ni, i
centri commerciali sgargianti, le luci alogene che distruggono la notte. Si tratta, in
fon do, di rifare la scelta che alcune del le nostre città, alcuni dei nostri più celebri
luoghi turistici hanno già fatto. Prendete il golfo di Napoli. La costa che va da Poz -
zuoli a Castellammare, costruita, cementificata, congestionata, povera, non ha più tu -
ri smo. Questo vi ve a Sorrento, Ravello, Amalfi, Positano, Capri, Ischia, do ve la natura
è sta ta protetta, curata, dove l’architettura si armonizza dolcemente con l’am bien te.
Luoghi rimasti intatti, stupendi, perché sono stati difesi come un santua rio.
CHIAVI
1. 1a, 2a, 3c, 4b, 5d
2. 1. ancora vi resta, 2. e di ricordi, 3. turismo di massa,
4. mostre e convegni, 5. il valore simbolico
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