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mercoledì 21 dicembre 2011

Τι γράφεται για μας; Grecia 2011, il Natale senza festa



Con la crisi criminalità, disoccupazione e indigenza
«Noi come nel 1965, mai stati così poveri»

Dal nostro inviato BENEDETTA ARGENTIERI
ATENE- La voce di Elvis che canta White Christmas rimbomba per tutta la strada a pochi giorni dal Natale. Di fianco le casse un bambino di sei anni si dimena in un piumino che è troppo grande per la sua età, con un dito indica lo scaffale di caramelle in un negozio che svende tutto. La madre gli accarezza la testa e guarda altrove. Questo non è il momento dei regali. Perché Atene non è in festa.
Una signora vende i fiori a Kolonnakis Una signora vende i fiori a Kolonnakis
UN SET DI UN FILM- La città affronta il periodo come se fosse un supplizio per non essere in grado di celebrare alcunché. L’ennesima umiliazione dopo essere stata strangolata dai debiti, dai tagli e dalle tasse. E dalle richieste della Troika. Il Comune prova a far dimenticare la crisi, le violenze, la povertà. Ha piantato un albero poco addobbato in mezzo a piazza Omonia, assediata da criminalità e prostituzione. Sotto, un presepe che di notte viene usato dai clochard come rifugio. Ha fissato le luminarie a Kolonnakis, quartiere dello shopping di lusso, ma tra i negozi vuoti, seppure con sconti che arrivano al 70 per cento, e quelli chiusi sembra il set di un film che racconta una vita che non c’è più. Migliaia di persone passeggiano, in quello che dovrebbe essere l’ultimo sabato di shopping prenatalizio, senza avere sacchetti in mano. Senza un sorriso. Non si fermano nemmeno davanti alle vetrine a indicare l’oggetto del desiderio. L’apparenza, così cara ai greci, non conta più. Affollano i caffé. Ma quello di sedersi a un tavolino a parlare della situazione economica, sembra oramai l’unico vero lusso che si possono permettere.
I TAGLI DELLE FAMIGLIE- Gli altri si arrangiano come possono, fanno di tutto per far quadrare i conti. «I regali? Li ho fatti solo ai miei nipoti in un bazaar. Ho speso circa 70 euro». George, 59 anni tassista, sorride dietro ai folti baffi grigi, guardando nello specchietto retrovisore. Guadagna la metà rispetto al 2009 e intanto il costo della vita è raddoppiato. Ci sono sempre nuove tasse da pagare e aumenti inaspettati. Si taglia dove si può. Così la maggior parte dei palazzi ha spento il riscaldamento centralizzato perché «in troppi non pagavano». Le famiglie utilizzano stufe elettriche e fornelletti. La nuova trovata del governo è quella di inserire nelle bollette la quarta tassa sulla casa. E se non si paga staccano la luce. «E’ incostituzionale, per questo ci siamo rivolti a un giudice», spiega George Papadatos, libraio di Monastiraki. Indicando i 600 euro in più sul conto dell’elettricità. I lunghi capelli argentati gli incorniciano il viso. Stanco e provato. George colleziona volumi antichi e spulciando nel suo negozio si possono trovare vere rarità. «Non è proprio un mestiere con cui si diventa ricchi». In un giorno è riuscito a vendere 35 euro di merce. Lo spettro della rassegnazione adombra gli occhi che un tempo dovevano essere pieni di vita. «Mai mi sarei immaginato di trovarmi a 69 anni in questa situazione». Ogni mattina apre alle 8 e chiude alle 10 di sera. «Non si sa mai qualcuno volesse fare un regalo». Quattordici ore di lavoro che condivide con la moglie e il figlio di 23 anni. Ed è proprio parlando di lui che il tono della voce si fa ancora più grave:«Quella dei giovani è la tragedia della Grecia».
Atene e il Natale della crisiAtene e il Natale della crisi     Atene e il Natale della crisi     Atene e il Natale della crisi     Atene e il Natale della crisi     Atene e il Natale della crisi
«LA TRAGEDIA DEI GIOVANI» - Il 40 per cento dei ragazzi tra i 18 e 30 anni è disoccupato. In molti lavorano gratis. Cercano di arrotondare facendo, bene che vada, i camerieri. Chi può scappa, lascia il Paese. Si parte per la Germania, la Svezia. Davanti all’ambasciata australiana per giorni in centinaia si sono messi in coda: si cercano medici da “importare” a Sydney. Per chi rimane è la desolazione. “Vorrei abbandonare tutto ma mio padre sta male. E anche se non ho un lavoro, la mia famiglia mi ha chiesto di rimanere”. Pablo ha 23 anni, si è laureato con il massimo dei voti all’Università di Atene in Economia. “Farei qualsiasi cosa, non si trova nulla, nemmeno per le consegne a domicilio perché non c’è niente da consegnare”. Frustrazione e rabbia si mescolano in un cocktail che in molti ritengono possa diventare pericoloso. “Perché da qualche parte questa molla deve essere scaricata”.
Centinaia i cartelli Affitasi  sui palazzi Centinaia i cartelli Affitasi sui palazzi
CRIMINALITA' E DISOCCUPAZIONE- Così sopravvivere da queste parti non è facile. «Almeno 30mila negozi hanno chiuso solo in centro. Per intenderci uno su tre. I suicidi sono aumentati del 40 per cento. Il 20 per cento delle persone ha perso il lavoro. Altrettante vivono sotto la soglia di povertà», Greg Chrisohidis, fotografo 39enne dai lunghi capelli corvini, snocciola le cifre che vengono ripetute sui giornali. I numeri possono essere asettici, «ma questa è macelleria sociale». E le ricadute si vedono dovunque, anche in Pireus street, dove migliaia di greci si mettono in fila per un pasto da portare via in un sacchetto azzurro. Si vedono camminare per le strade del centro che oramai è stato diviso tra bande e immigrati che pensavano di trovare lavoro in Europa. E invece sono costretti a rimanere in Grecia. Senza un lavoro. Si sono spartiti il territorio dello spaccio e della prostituzione. Una dose di eroina, così come qualche minuto in compagnia, costa cinque euro, la stessa cifra che si paga per due souvlaki (spiedini). E quando cala la sera non c’è greco che possa passare indenne da queste vie. La criminalità (al 9 per cento nel 2009) è raddoppiata in due anni. Le strade male illuminate rendono il centro poco papabile per turisti e uomini d’affari. Con il risultato che migliaia di compagnie hanno abbandonato i loro uffici e almeno 18 alberghi intorno a Omonia hanno chiuso. Il cuore di Atene ha smesso di battere con questo esodo.
C'È CHI TIFA PER IL DEFAULT - «Se continuiamo così nemmeno il turismo ci salverà», sottolinea Christos Zafeiropoulos. Le sue speranze sono riposte negli stranieri visto che ha deciso di aprire un ristorante sotto l’ombra del Partenone. «Non pago i dipendenti da due mesi. Ma continuiamo a lavorare tutti i giorni». Per rientrare dai costi dovrebbe fare almeno 40 coperti tra pranzo e cena. Se arriva a dieci è «fortunato». Tiene duro, «per la mia famiglia e per i lavoratori». Certo è che a pensare alle feste, la prima cosa che viene in mente è il 2012. L’annus horribilis. L’anno della svolta. Lui tifa per il default. «Torniamo alla Dracma per non essere più schiavi dei tedeschi». E come lui centinaia di giovani. «Chiunque dica una cosa del genere o è un pazzo o un giocatore d’azzardo». Stathis Anestis, segretario generale del sindacato Gsee, è seduto nel suo ufficio in un palazzo coperto da uova di vernice lanciate durante una manifestazione. Scuote la testa, mentre sfoglia il rapporto sul suo Paese. «Siamo tornati a vivere nelle stesse condizioni del ’65, non siamo mai stati così male». Eppure le avvisaglie c’erano. «Sì, ma non ci abbiamo creduto. Ora bisogna ricominciare a crescere. Perché il paracadute delle famiglie non può durare a lungo». In molti casi non funziona già più. Un gruppo di studenti fuorisede dell’Università di Atene canta nella speranza di strappare un sorriso ai passanti. E, neanche a dirlo, qualche spicciolo. Il cestino è quasi vuoto. E’ il Natale ai tempi della crisi. E’ il Natale 2011 ad Atene.

20 dicembre 2011 | 13:35
http://www.corriere.it/esteri/11_dicembre_20/natale-grecia-crisi_89bb53e6-2ae6-11e1-b7ec-2e901a360d49.shtml

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