Ιταλική γλώσσα

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mercoledì 3 ottobre 2012

Italo Calvino: II bosco sull'autostrada



II freddo ha mille forme e mille modi di muoversi nel mondo: sul mare corre come una mandra di cavalli, sulle campagne si getta come uno sciame di locuste, nelle città come lama di coltello taglia le vie e infila le fessure delle case non riscaldate. A casa di Marcovaldo quella sera erano finiti gli ultimi stecchi, e la famiglia, tutta incappottata, guardava nella stufa impallidire le braci, e dalle loro bocche le nuvolette salire a ogni
respiro. Non dicevano più niente; le nuvolette parlavano per loro: la moglie le cacciava lunghe lunghe come sospiri, i figlioli le soffiavano assorti come bolle di sapone, e Marcovaldo le sbuffava verso l'alto a scatti come lampi di genio che subito svaniscono.
Alla fine Marcovaldo si decise: – Vado per legna; chissà che non ne trovi –. Si cacciò
quattro o cinque giornali tra la giacca e la camicia a fare da corazza contro i colpi d'aria, si
nascose sotto il cappotto una lunga sega dentata, e così uscì nella notte, seguito dai
lunghi sguardi speranzosi dei familiari, mandando fruscii cartacei ad ogni passo e con la
sega che ogni tanto gli spuntava dal bavero.

Andare per legna in città: una parola! Marcovaldo si diresse subito verso un pezzette di
giardino pubblico che c'era tra due vie. Tutto era deserto. Marcovaldo studiava le nude
piante a una a una pensando alla famiglia che lo aspettava battendo i denti...
Il piccolo Michelino, battendo i denti, leggeva un libro di fiabe, preso in prestito alla
bibliotechina della scuola. Il libro parlava d'un bambino figlio di un taglialegna, che usciva
con l'accetta, per far legna nel bosco. – Ecco dove bisogna andare, – disse Michelino, –
nel bosco! Lì sì che c'è la legna! – Nato e cresciuto in città, non aveva mai visto un bosco
neanche di lontano.
Detto fatto, combinò coi fratelli: uno prese un'accetta, uno un gancio, uno una corda,
salutarono la mamma e andarono in cerca di un bosco.
Camminavano per la città illuminata dai lampioni, e non vedevano che case: di boschi,
neanche l'ombra. Incontravano qualche raro passante, ma non osavano chiedergli
dov'era un bosco. Così giunsero dove finivano le case della città e la strada diventava
un'autostrada.
Ai lati dell'autostrada, i bambini videro il bosco: una folta vegetazione di strani alberi
copriva la vista della pianura. Avevano i tronchi fini fini, diritti o obliqui; e chiome piatte e
estese, dalle più strane forme e dai più strani colori, quando un'auto passando le
illuminava coi fanali. Rami a forma di dentifricio, di faccia, di formaggio, di mano, di rasoio,
di bottiglia, di mucca, di pneumatico, costellate da un fogliame di lettere dell'alfabeto.
– Evviva! – disse Michelino, – questo è il bosco!
E i fratelli guardavano incantati la luna spuntare tra quelle strane ombre: – Com'è bello...
Michelino li richiamò subito allo scopo per cui erano venuti lì: la legna. Così abbatterono
un alberello a forma di fiore di primula gialla, lo fecero in pezzi e lo portarono a casa.
Marcovaldo tornava col suo magro carico di rami umidi, e trovò la stufa accesa.
Dove l'avete preso? – esclamò indicando i resti del cartello pubblicitario che, essendo di
legno compensato, era bruciato molto in fretta.
– Nel bosco! – fecero i bambini.
– E che bosco?
– Quello dell'autostrada. Ce n'è pieno!
Visto che era così semplice, e che c'era di nuovo bisogno di legna, tanto valeva seguire
l'esempio dei bambini. Marcovaldo tornò a uscire con la sua sega, e andò sull'autostrada.
L'agente Astolfo della polizia stradale era un po' corto di vista, e la notte, correndo in moto
per il suo servizio, avrebbe avuto bisogno degli occhiali; ma non lo diceva, per paura
d'averne un danno nella sua carriera.
Quella sera, viene denunciato il fatto che sull'autostrada un branco di monelli stava
buttando giù i cartelloni pubblicitari. L'agente Astolfo parte d'ispezione.
Ai lati della strada la selva di strane figure ammo–nitrici e gesticolanti accompagna
Astolfo, che le scruta a una a una, strabuzzando gli occhi miopi. Ecco che, al lume del
fanale della moto, sorprende un monellaccio arrampicato su un cartello. Astolfo frena: –
Ehi! che fai lì, tu? Salta giù subito! – Quello non si muove e gli fa la lingua. Astolfo si
avvicina e vede che è la réclame d'un formaggino, con un bamboccione che si lecca le
labbra. – Già, già, – fa Astolfo, e riparte a gran carriera.
Dopo un po', nell'ombra di un gran cartellone, illumina una trista faccia spaventata. – Alto
là! Non cercate di scappare! – Ma nessuno scappa: è un viso umano dolorante dipinto in
mezzo a un piede tutto calli: la réclame di un callifugo. – Oh, scusi, –dice Astolfo, e corre
via.
Il cartellone di una compressa contro l'emicrania era una gigantesca testa d'uomo, con le
mani sugli occhi dal dolore. Astolfo passa, e il fanale illumina Marcovaldo arrampicato in
cima, che con la sua sega cerca di tagliarsene una fetta. Abbagliato dalla luce,
Marcovaldo si fa piccolo piccolo e resta lì immobile, aggrappato a un orecchio del testone,
con la sega che è già arrivata a mezza fronte.
Astolfo studia bene, dice: – Ah, sì: compresse Stappa! Un cartellone efficace! Ben trovato!
Quell'omino lassù con quella sega significa l'emicrania che taglia in due la testa! L'ho
subito capito! – E se ne riparte soddisfatto.
Tutto è silenzio e gelo. Marcovaldo da un sospiro di sollievo, si riassesta sullo scomodo
trespolo e riprende il suo lavoro. Nel ciclo illuminato dalla luna si propaga lo smorzato
gracchiare della sega contro il legno.

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