Imu abolita, ma non per tutti. E poi: pensioni, aumenti, prelievi… La stangata è servita. Ecco chi deve pagare e quanto
La grande beffa per chi abita a Milano, Bologna, Napoli e altri 600 Comuni. Senza contare i nuovi salassi previsti dal 1° gennaio 2014. Pensioni comprese
L’Imu è stata definitavamente abolita. Ma non per tutti. Sono infatti molti i cittadini (quelli di Milano, Bologna, Napoli e tanti altri capoluoghi) che avranno la brutta sorpresa di dover pagare fino a ben 104 euro per una tassa abolita dal governo. Tutta colpa delle addizionali comunali… Senza contare che la Legge di stabilità appena approvata del governo non sarà a costo zero per i nostri portafogli. E tra pensioni, aumenti, prelievi, la stangata di inizio anno è servita. Ecco chi e quando dovrà pagare.
I CITTADINI CHE PAGHERANNO L’IMU - Il premier Enrico Letta aveva dato la sua parola e l’ha mantenuta: “La seconda rata Imu non si paga”. Ma l’abolizione della seconda rata dell’Imu ha il sapore di una vera e propria beffa per i cittadini dei circa 600 Comuni che hanno aumento l’aliquota comunale nel 2013. Di fatto, in queste città l’extragettito atteso sarà “rimborsato” dallo Stato solo nella misura della metà. A pagare l’altro 50 per cento, salvo ripensamenti e “manovre arginanti” dell’ultima ora da parte del governo saranno i cittadini. Una beffa, appunto.
MILANO, BOLOGNA, CATANIA, NAPOLI… CHE BEFFA! - Tra i comuni coinvolti ci sono molte grandi città. Da Milano a Bologna. E poi Napoli e Catania. Ma anche città più piccole come Benevento, Verona, Genova, Frosinone. Perché succede questo? Semplice: si tratta dei Comuni che avevano applicato una forte aliquota aggiuntiva sull’Imu. Così, per esempio, succede a Milano: la giunta Pisapia aveva alzato l’aliquota Imu sulla prima casa al massimo consentito (lo 0,6 per cento) per aumentare gli introiti di circa 110 milioni di euro per la casse del Comune in rosso. Il risultato? I milanesi dovranno versare in totale una imposta di 55 milioni di euro. E secondo i calcoli della Cgia di Mestre, si tratterà di una stangata con importi che variano dai 71 ai 104, a seconda del Comune di residenza.
IL SALASSO PENSIONI – Non è finita qui, però: con la Legge di stabilità sono cambiate anche le norme sulle pensioni. E si profila un nuovo salasso. Aumenti risicati per le pensioni “normali” e un forte contributo di solidarietà a carico delle pensioni d’oro per garantire un mini-sussidio per i poveri, mentre vengono alzati i requisiti per ottenere la rendita di vecchiaia per le donne. Torna l’adeguamento al costo della vita per le pensioni che superano i 1.486 euro lordi al mese (3 volte il minimo), ma è un adeguamento risicato: non va oltre i 2.973 euro lordi (6 volte il minimo). Con la legge di Stabilità 2014, con la premessa dell’adeguamento al 100 per cento per le pensioni fino a 3 volte il minimo, si scende al 90 per cento per i trattamenti fra 3 e 4 volte; al 75 per cento per gli importi compresi fra 4 e 5 volte; al 50 per cento per quelli superiori a 6 volte (solo per il 2014 viene esclusa ogni rivalutazione). E’ l’indice Istat il punto di partenza per quanto riguarda la maggior parte delle famiglie italiane: operai e impiegati. La legge prevede che sia stimato sulla base dei primi nove mesi dell’anno: l’incremento dei prezzi si proietta dunque all’1 per cento per cento, contro il 3 per cento riconosciuto da gennaio scorso.
SONO 30.000 LE PENSIONI D’ORO – Le disposizioni riguardano quasi 30 mila assegni e il nuovo prelievo sarà del 6- 12 per cento sugli importi superiori a 6.936 euro lordi al mese (90.168 euro all’anno). Il contributo è previsto nel 6 per cento per la parte di pensione compresa fra 14 e 20 volte il minimo (90.168—128.811 euro lordi annui), diventa del 12 per cento sugli importi fra 20 e 30 volte il minimo (128.811—193.217 euro lordi annui) e arriva fino 18 per cento sulle quote oltre 30 volte. Per la precisione, le pensioni d’oro sarebbero, prendendo di riferimento i dati Inps, 29.554.
LA PENSIONE DI VECCHIAIA, UN MIRAGGIO – La pensione di vecchiaia per le donne, infine, appare sempre più lontana. Dal 1° gennaio 2014 i requisiti saliranno a 63 anni e 9 mesi. Per chi, invece, ha un lavoro autonomo l’età per la pensione diventerà 64 anni e 9 mesi nel 2014. Chi non ha raggiunto l’età giusta, nel 2014 dovrà arrivare a 42 anni e 6 mesi di contributi (41 e 6 mesi le donne).
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