Qui dentro i nomi sono inglesi (shopping center, outlet, multiplex) e la scenografia americana: grandi parcheggi e carrelli in fila, palme artificiali e lampioni finti, tegole e tende per difendersi dalla pioggia che non c'è, offerte speciali e facce normali. La gente, però, resta italiana. In una mall nei dintorni di Washington nessuno grida «Maaariooooo!» per richiamare l'attenzione del fidanzato al piano di sotto; qui, in un centro commerciale alle porte di Roma, accade questo ed altro. Mille anni di allenamento sulle piazze non sono stati inutili.
Le malls americane sono percorse da uomini e donne col senso del dovere: dovere di acquistare, risparmiare, intercettare il saldo e usare il coupon giusto. I centri commerciali italiani sono pieni di gente che si diverte. Osservate le famiglie che si dividono, come negli aeroporti: ognuno ha un obiettivo da raggiungere, un oggetto da acquistare, un negozio da visitare. La diaspora è temporanea e produttiva: quando si ritrovano, i famigliari sono felici di mostrare il bottino e commentare quello altrui.
Guardate i ragazzi, che qui hanno riprodotto i rituali del centro storico: struscio, occhiate, sorrisi, risolini, appostamenti. Hanno l'aria attenta e sembrano in cerca di qualcosa. «Ciao bello! Mi vai a prendere un cono?» grida la ragazzina con l'ombelico al vento; e lui corre, deciso a tornare vincitore. Ammirate il corteggiamento sistematico delle commesse da parte delle guardie giurate; gli amici che si chiamano col cellulare, e scoprono d'essere a dieci metri di distanza; le donne che si fermano dal parrucchiere, più interessate a tenere in movimento la lingua che a fissare i capelli.
Studiate gli anziani che aspettano sulle panchine: il ministro della Salute ha proposto di portarli qui, d'estate, per aiutarli a resistere all'afa. Certo, starebbero più freschi che ai giardini pubblici, e si sentirebbero più stimolati. Piccioni e tortore infatti non passano sculettando, cori la vita bassa e le
mutande in vista.
Da: La testa degli Italiani - Beppe Severgnini
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