Ιταλική γλώσσα

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martedì 29 marzo 2011

Chiavi: Ascolto Medio: 5. Il Carnevale di Venezia


5. Il Carnevale di Venezia
Sembra strano a dirsi, ma la tradizione di maschere a Venezia risale ai secoli più bui.
All’epoca dei monasteri, agli anni di paure e costrizioni che accompa gna ro no
l’arrivo del secondo millennio. Le cronache veneziane riportano infatti che già
nell’XI se colo, precisamente nel 1094, la città usava divertirsi nei giorni pre ce denti
la Quaresima.
Un divertimento che deve aver fatto particolare chiasso nel lungo silenzio del Me -
dioevo, visto che da allora, nella storia della Serenissima Repubblica di Ve nezia, si
so no susseguiti quasi senza soluzione di continuità balli, divertimenti e follie, con
un’eco diffusa in tutto il mondo.
Tante sono le testimonianze di quella travolgente attitudine al divertimento. Nel
1571, ad esempio, si racconta che l’euforia della vittoria nella battaglia di Le panto
ispirò la sfilata di maschere esaltate in cui si celavano giovani travestiti da turchi, da
negri, da svizzeri, da ortolani. Senza alcun dubbio, comunque, il Car nevale che più
di tutti nei secoli scorsi ha contribuito a creare il mito dei fe steg giamenti in Laguna,
è quello del Settecento: a quel tempo la pazzia durava giorni e giorni. Assaliva le
genti di Venezia e quelle arrivate da lontano già ai primi di ottobre, con l’apertura dei
teatri. Trovava un momento di quiete tra il 16 ed il 25 di cembre, poi riprendeva per
durare sino alla mattina precedente la Quaresima.
Al Carnevale partecipavano tutti. Non si distingueva il patrizio dal popolano, il cit -
tadino dallo straniero. Abitudine era in quel gran caos il passeggio di masche re in
Piazza San Marco, la sosta nei caffè. Nei casini e nei ridotti vicini si pratica va invece
il gioco d’azzardo, con le carte, il biliardo, la dama, morra e scacchi. Al periodo del
Carnevale corrispondeva inoltre una ricchissima stagione teatrale, mentre molti concerti
si eseguivano negli stessi caffè e nelle case private.
In seguito alla caduta della Repubblica, anche la tradizione del Carnevale fu len ta -
mente abbandonata, per ricomparire nel calendario delle manifestazioni popola ri so -
lo in tempi recentissimi. La rinascita si fa infatti risalire ai nostri anni Set tanta: di fe -
sta in festa, di maschera in maschera la voglia di follia ha in qual che modo invaso le
strade tanto da far nascere il Comitato per il Carnevale di Ve nezia, un consorzio che
riu nisce trentacinque società veneziane che operano nel campo della cultura, dello
spettacolo e del turismo. Una festa che ogni anno attira circa un milione di persone.


CHIAVI
1. 1a, 2b, 3b, 4c
2. 1. precedenti la Quaresima, 2. festeggiamenti in Laguna,
3. apertura dei teatri, 4. ricchissima stagione teatrale,
5. fu lentamente abbandonata, 6. milione di persone

Chiavi: Ascolto Medio: 4. Medioevo


4. Medioevo
Data la difficoltà dei trasporti, evidentemente ogni zona consuma di pre valenza i
prodotti locali. E certo la differenza dei cibi è assai più forte che og gigiorno tra le
classi dirigenti e il resto della popolazione. L’impressione che si riporta, scorrendo
certe liste di pranzi ufficiali, è quella di una quantità enorme di carne, di selvaggina
specialmente; e il tutto condito di salse spesse di spezie con accompa gna -
mento di frutti, di dolci speziati, senza mai il respiro di un piatto leggero.
E la pesantezza di quel mangiare è come accresciuta per noi dal fatto che i no stri
antenati non si servivano di piatti, né di forchette, né di tovaglioli. Ado peravano
fet te grandi di pane sulle quali appoggiavano con la salsa la carne, e lì la mangiavano,
si immagini con quali graziosi morsetti. La fetta di pane, e la parte che ri -
maneva, veniva gettata in un recipiente al centro del la tavola: elemosina per i po -
veri. Se c’era una tovaglia, vi si pulivano le dita, sicché si doveva cambiarla più
vol te durante il pranzo, nonostante che si ado perasse anche l’acqua per risciacquare
bocca e mani.
Naturalmente la gente qualunque mangiava più semplicemente. Il cibo classico
d’ogni giorno dell’anno per il popolo era la zuppa, dove era cotto un pez zo di lar -
do, cioè del porco affumicato, salvo nei giorni di magro. Ma, lar do o selvaggina
spe ziata, certo è che si mangiava molto.
Finito il pranzo c’era la siesta. Scherzi e giochi. Si faceva sull’uscio l’artigiano a
dir la sua coi vicini. Esplodeva allora quel gusto allegro, grossolano, di beffa an -
che crudele, che è tipico del Medioevo.
La nostra città si avvia ormai verso la sera. Ancora lavora, ancora un pasto, ma più
leggero. Salvo il piccolo branco di giovani oziosi e sciocchi che faceva il giro delle
strade e vi giocava a dadi, sempre in cerca di beffe, la gente con la stessa naturalezza
con cui le galline, i cani e i porci con l’ombra della sera ritrovavano il lo -
ro rifugio, si preparava a dormire.

CHIAVI
1. 1b, 2a, 3c, 4c
2. 1. resto della popolazione, 2. né di tovaglioli,
3. centro della tavola, 4. mangiava più semplicemente,
5. mangiava molto, 6. tipico del Medioevo