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Cosa c’è di più natalizio di ascoltare la musica della zampogna provenire dalla strada, affacciarsi e battere le mani agli zampognari? Il suono tipico riesce a creare un’atmosfera unica e a scaldare i cuori riproducendo con un tocco del tutto particolare le canzoni di natale. Si tratta di una tradizione che purtroppo si va gradualmente perdendo, resistendo con maggior forza soprattutto in alcune zone del Centro e Sud Italia. Le regioni in cui sono ancora discretamente presenti gli zampognari sono: Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Nella Roma dell’800 venivano allestite edicole sacre, chiamate ‘Madonnelle’ in dialetto, davanti a cui gli zampognari si esibivano nelle ‘novene’, ossia musiche della durata di nove giorni.
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La zampogna è uno strumento arcaico a fiato che produce un suono inconfondibile da non confondere con la cornamusa, la ‘sorella’ nord europea. La zampogna è composta da più canne sonore chiamate chanter. Anche se la zampogna è diventato un simbolo del Natale non nasce come tale e, nelle aree agricole, essa serve per accompagnare in musica tutte le fasi del raccolto, le feste patronali, il carnevale, i matrimoni, le processioni etc.
Spesso alla zampogna si accompagna la ciaramella, ossia il piffero. Nel corso degli anni anche gli zampognari si sono organizzati e oggi molti dispongono di un proprio sito internet e offrono servizio di intrattenimento a pagamento per le feste private o paesane. In passato gli zampognari venivano chiamati anche ‘orsanti’ perché erano accompagnati nelle loro esibizioni da animali addestrati ballanti, come appunto orsi ma anche scimmie, cani e uccelli.
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